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Mercury

La Mercury è la protagonista di questo articolo. Nata a Torino nel 1932 come azienda di componenti metallici per l’industria automobilistica, fu fondata da Attilio Clemente e Antonio Cravero. Nel 1945 la ditta viene convertita per la produzione di modellini di automobili.

Il declino comincia nel 1970 con la scomparsa dei fondatori e nel 1978 viene messa in liquidazione. Dopo alcune vicissitudini gli stampi vengono rilevati dalla Scottoy di Genova che replicherà la produzione di alcuni modelli, tra cui anche la 500.
● Fiat nuova 500 art. 1 in scala 1/48
In scala 1/43:
● 500 Abarth art. 14
● 500 L art. 17
● Ferves Ranger art. 21
 
Fiat Nuova 500 scala 1/48 (foto 1)

La scala fino al 1962 è 1/48 e questo modello di 500 fu costruito agli inizi della produzione dell’auto vera. Effettivamente per l’epoca era un bel modello, persino dotato di vetri. Si notino le ruotine con la coppa e il perno liscio, fondino senza paraurti rivettato sulla carrozzeria. Fanaleria verniciata, tetto completamente metallico. L’auto vera aveva il tetto apribile (tutto-tetto).
Scottoy
La replica di quanto sopra punta sulle seguenti differenze:
● il marchio Scottoy sul fondino
● le ruote sono più piccole
● la targa posteriore e la sua luce sono verniciate come anche i tergi, le maniglie delle porte e le feritoie dell’aria anteriori
● nuova scatola.
500 L (foto 2-3)
Il modello, a differenza di altri (vedi Mebetoys) ha le portiere con il giro porta dei vetri, cofani apribili con riproduzione del motore.
La primissima serie uscì con il tetto metallico, ma nel ’70 venne applicata una decal nera che riproduceva la capottina apribile.
Il fondino è cromato con una vite di fissaggio. I colori sono blu, bianco, ocra, celeste, rosso on interni rossi o neri. Le targhe potevano essere con sigla TO o MI in varie numerazioni.
500 Abarth (foto 4)
Modello derivato dalla L con fondino rifatto per dotarlo del doppio scarico, di colore nero opaco. Cerchi di disegno sportivo. Colori grigio metallizzato, verde mela, giallo pallido, azzurro, bianco e il giallo ocra. Interni rossi. I numeri sulle porte sono: 354, 356, 312.
Le altre decal, in base ai modelli, sono posizionate in diversi posti. Targhe TO con numeri diversi. Tetto a scacchi con riga tricolore . Scatola con disegno auto con numero 132.
Ferves Ranger (foto 5-6)
Penso e credo che sia stato riprodotto solo dalla Mercury. Infatti quando nel ’66, esattamente 50 anni fa, fu presentato al salone di Torino, la casa non si fece scappare l’occasione.
Il modello con portiere apribili, il parabrezza abbattibile, con tetto asportabile in modo di poter vedere all’interno nero con volante e cambio cromati. Particolari le gomme fuoristrada con quella di scorta sul posteriore (fissa).
Fondino rivettato di colore nero con sospensioni. I fanali sono dipinti. Le targhe possono essere TO e MI in vari numeri. I colori sono tanti: giallo, ocra chiaro, limone, verde mela, arancio, azzurro, bianco, rosso, lilla, verde militare (foto 7).
Tutti i modelli sopra elencati, sul finire della produzione, venivano venduti non più in scatoletta di cartone (foto 8), ma su base di plastica (autobox) con decal trasparente Il modello era fissato con un bulloncino sul fondino filettato (foto 9).
Inoltre sono stati esportati perfino in Giappone con le seguenti modifiche (visto che il nome Mercury era già registrato in quel paese): eliminato il marchio sul fondino e prodotta una scatola specifica rossa senza la scritta Mercury con la bandiera a scacchi.
 
Per ulteriori approfondimenti:
LIBRI:
● Mercury tutta la produzione, Edizione Libreria Cortina;
● Storia della Mercury di Alberto Fornai
FOTO: www.aessemodels.it
Per chi volesse, sono sempre contattabile alla mia mail.

N.B.: le foto 1, 2, 4, 5, 6 si riferiscono alla mia collezione; le altre mostrano alcuni esemplari della vasta raccolta del nostro socio svizzero Claudio Mattioli, che vediamo con la famiglia a bordo del suo Ferves Ranger (foto 10).
Concludo con una errata corrige: nell’articolo uscito sullo scorso numero per un refuso è stato scritto “Honby” invece di “Hornby” con riferimento all’azienda che ha acquistato la Pocher.

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