In viaggio con la 500 in Corsica

di Andrea Liprandi

L’idea di girare la Corsica in 500 è vecchia. In realtà è nata appena è arrivata la prima delle due, quella corallo, quella di Andrea. L’idea di un viaggio all’avventura, caricare quattro frabosani su due 500 e girarla tutta, da nord a sud. Niente di più semplice. E finalmente, dopo anni di attesa, si riesce a fare.

Frabosa Soprana – Bastia

DAY ZERO

E quindi eccoci qui, Gregorio e Giacomo nel cinquino bianco, Andrea e Massimiliano nell’altra, in fila per salire sul traghetto a Savona. E subito ci si rende conto che non sarà un viaggio normale, e che di certo ci faremo notare: saranno le auto, saranno i cappelli panama che sfoggiamo con tanto orgoglio.
Sì, mettili subito dietro quei due con le 500.
Occhio che salgono due 500 ora.
Le occhiate interessate e divertite, gli addetti al traghetto che ci prendono come riferimento per riempire la nave, le risatine sommesse dei passanti, le dita più curiose puntate fermamente. Serve poco per risaltare nel gigantesco mucchio di auto odierne, tutte dai colori neutri e dalle forme sostanzialmente simili.
E così, dopo un viaggio fatto di sacchi a pelo, sobbalzi, onde, fulmini e colazioni alle 6 e mezza del mattino, eccoci. I 4 frabosani sono in Corsica. Stanchi, un po’ in sobbuglio, ma sempre fieri e sorridenti; le teste sotto ai nostri panama, i sederi sopra le nostre 500.
E il primo giorno può avere inizio.

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DAY ONE | Bastia – Macinaggio – 37km
 
Il primo punto da capire quando si pianifica il giro della Corsica è il senso in cui si vuole farlo. Dopo qualche ragionamento, abbiamo optato per quello anti-orario, così da guidare sempre nella corsia rivolta verso il mare. Dettaglio di poco conto, penserete: niente in confronto a quali destinazioni toccare ed in quale ordine, ma non quando si fa un viaggio come questo. Quando hai il sedere su una Cinquefette, infatti, fra i sorrisi di tutti quelli che ti vedono passare, la cosa importante diventa il tragitto, più che la meta. 
Partiamo quindi alla volta di Macinaggio, intorno alla punta settentrionale dell’isola. Paesini sparsi su costoni ricolmi di vegetazione, stradine che si inerpicano fra i boschi quasi dimenticate, un mare azzurro come un topazio. 
Durante una sosta foto, che viene comoda anche per far riposare un pochino i due motori non più giovanissimi, ci fermiamo vicino ad un pullman di turisti tedeschi, ed è il delirio. Foto a non finire, risate sommesse, la più audace che ci chiede anche in uno stentato inglese di salire per immortalare il momento dall’interno. Noi ci prestiamo volentieri: sappiamo che questo evento non farà che corroborare il classico pregiudizio degli Italiani un po’ alla Dolce Vita di Fellini, ma in fondo ci va bene così. Questo lato da italiani non lo nasconderemo di certo.
E infatti per rimanere in tema finiamo la giornata ed il primo giorno di viaggio con una bella, robusta e classica pasta al pomodoro. Perché per carità, il tramonto visto dal Moulin Mattei, con una vista mozzafiato che spazia fin quasi in Liguria non scherza. Ma anche la pancia vuole la sua parte.
 
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DAY TWO | Macinaggio – Calvi – 145km
 
Oggi ci aspetta una tappa bella impegnativa. Una strada che costeggia tutta il litorale orientale del “dito” della Corsica, seguendone fedelmente il profilo come un cagnolino. Con tanto di scogliere, baie, piccole insenature incantate, alcune rare spiagge, diversi minuscoli paesini che a stento fanno la loro comparsa sulle mappe.
Per poi infilarsi in un deserto ricchissimo di vegetazione tipica da macchia mediterranea, costellato qui e là di costoni e profili rocciosi imponenti: il deserto delle Agriate. E, superato quel tratto di strada tanto tortuoso quanto spettacolare, una più comoda e larga direttrice fino a Calvi, la nostra destinazione. 
Ciononostante, durante il tragitto troviamo il tempo di fare una foto che sembra tratta direttamente da un vecchio album polveroso degli anni ’70, con due 500 che fanno bella mostra di loro sotto alla tettoia di un benzinaio nel bel mezzo del nulla. E fare amicizia con un simpatico vecchino francese, che afferma soddisfatto di aver avuto una macchina uguale comprata nel ’63. E fermarsi nel paesino di Nonza, meravigliosa creatura con un sapore di Provenza, arroccata su una spiaggia nera chilometrica ribattuta da onde tanto azzurre da sembrare di essere in piscina. La discesa fino al mare è lunghetta, ma ne vale la pena.
 
Dopo circa 100 km di curve, tornanti e chicane è strano passare ad una strada sostanzialmente dritta e veloce, e anche le nostre fiere automobiline sembrano apprezzare di più districarsi fra le rocce, piuttosto che lanciarsi in quarta ai 90 km/h, ma alla fine là in fondo compare Calvi. 
Quasi 3 ore di viaggio, i sederi sempre più quadrati, i motori caldi come due padelle pronte ad accogliere un paio di bistecche. Ma, ormai ne siamo certi, felici come noi.
 
Una pizza, un gin tonic sotto la cittadella, ed è già ora di dormire.
Domani si cambia mezzo, si va in mare con un gommone. 
Sperando che le 500 per una volta non se la prendano.
 
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DAY THREE | Calvi
 
Com’è noto, si possono fare tutti i programmi di questo mondo, ma se poi la Natura decide diversamente, non s’ha da discutere. E così, noi ci siamo svegliati con le migliori intenzioni di navigare per il mare a bordo di un gommone, come novelli capitani di ventura, alla ricerca delle migliori calette in cui gettare l’ancora e tuffarsi nel mare cristallino. Ma il vento ha deciso diversamente. Raffiche a più di 70 km/h, mare molto mosso, e tutte le imbarcazioni più piccole di un traghetto bloccate in porto. Cambio di programma quindi, e si risale in sella alle 500. 
Finiamo nella baia di Nichiareto, un sentiero che scende nella macchia mediterranea, sabbia bianchissima ed acqua limpidissima: perfetto, un paradiso. 
Almeno finché non scopriamo che il bagno è proibito per motivi di inquinamento non meglio specificati. Cose che succedono, in fondo.
Non ci si perde d’animo e si prosegue fra le scogliere; le onde si infrangono con foga contro le rocce rosse, il vento spazza i crinali a folate regolari, ma nessuna nuvola occupa il cielo e la vista può correre per chilometri lungo la costa. Uno spettacolo. 
A riprova che alla fine anche i cambi di programma sanno difendersi egregiamente, dopo aver pranzato in riva ad una spiaggia sassosa, sotto ad un pino marittimo, facciamo ritorno a Calvi e ci lanciamo in piscina. Poi una cena coi fiocchi a base di carne locale, e siamo a posto. Pronti per il giorno 4, forse uno dei più duri che ci aspetti.
 
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DAY FOUR | Calvi – Haut Asco – Porto Ota – 212 km
 
A volte le strade si dividono. A volte per necessità, altre per scelta.
Questo giorno è una scelta della squadra del Cinquino bianco, Giacomo e Gregorio, che da montagnini veri non resistono a tentare un’impresa alpinistica che studiavano da qualche tempo: salire in vetta al Monte Cinto, la punta più alta dell’isola. Per chi non è pratico della geografia locale sembrerà una robetta da nulla, ma in realtà i 2706 metri d’altitudine del Cinto farebbero ottima figura di sé anche nelle Alpi austriache. La squadra del Cinquino corallo, invece, non intende lasciare le spiagge, quindi ecco che le strade si dividono, anche solo per un giorno.
Ed ecco che alle prime luci dell’alba un robusto e piccolo trabiccolo del ’74 comincia il suo viaggio verso i 1400 metri d’altezza del rifugio da cui parte il sentiero, mentre l’altro, dopo qualche ora, si mette in marcia verso le spiagge dorate di Galeria. Appuntamento a Porto Ota alla sera. 
La salita non è facile. Tortuosa, ripida ed irta di rocce, si inerpica su per una stretta vallata per chilometri e chilometri, ma alla fine, con l’aria aperta, la 500 ce la fa. Dimostrando ancora una volta la sua affidabilità anche nelle situazioni più dure. 
Da lì in avanti i motori diventano le gambe dei due alpinisti in erba, e dopo 5 ore di dura salita, la vetta è conquistata. Il vento continua a spazzare l’isola, e se da un lato rende le temperature decisamente rigide, dall’altro consente una vista mozzafiato su quasi tutta la Corsica. Si vedono distintamente le baie intorno alla cittadina di Calvi, il “dito” che si sviluppa lassù a nord, il profilo dell’isola d’Elba, e addirittura il golfo vicino ad Ajaccio. Sforzi più che ricompensati. 
Nel frattempo, i due compagni di viaggio più marittimi stanno sforzandosi di mandare giù una birra di aperitivo in spiaggia, anche a costo di atroci sofferenze. Magari portate dal caldo, mitigato da una piacevole e fresca brezzolina, o dal mare color del topazio, o magari dalla sabbia fra le dita dei piedi. Insomma, difficile capire cosa possa dare loro il colpo di grazia ecco.
Infine il Cinquino corallo se ne riparte verso sud, e dopo aver attraversato valli e scogliere a picco sul mare, in cui si ringrazia di essere largo appena un metro e 32, raggiunge Porto Ota. Qui, ormai a notte fonda, viene raggiunto dal suo compagno, con a bordo due amanti della montagna sfiniti e soddisfatti. La strada del rientro dalla montagna non è stata meno impegnativa dell’andata, ma fra tornanti stretti, foreste che ci si aspetterebbe di trovare in Canada, colli isolati e decine di animali di tutti i tipi (dalle mucche alle capre, dagli asini ai cinghiali) in mezzo alla carreggiata, alla fine era finita. E tutti si sono guadagnati un lungo e meritato riposo.
 
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