di Lorenzo Mazzeo
L’amore per la 500 non nasce da particolari ricordi d’infanzia quanto dal gusto per l’antico e dalla curiosità.
Infatti da bambino non ricordo di aver mai compiuto un giro sul Cinquino custodito in garage; piuttosto il nostro incontro fu causato dal motorino che regalarono a mia cugina a 14 anni e che io, quasi ogni pomeriggio, chiedevo di prestito nel cortile di casa.
Quell’estate mi dirigevo spesso a prendere quell’oggetto del desiderio e aprendo e chiudendo il garage, nel quale era custodito, notavo sempre la 500 del mio bisnonno, lasciata lì e sommersa da così tanto materiale d’ingombro che non riuscivo neanche a vedere come fosse fatta all’interno. Da quei momenti la curiosità di entrare in una macchina così strana iniziò ad insinuarsi.
Qualche giorno dopo rinunciai a fare il solito giretto pomeridiano col motorino per scoprire quella vettura che si apriva all’incontrario. Con molta pazienza, iniziai ad estrarre gli oggetti accatastati che impedivano l’apertura dello sportello e non mi fermai fino a quando non riuscì a toccare la maniglia. Tirandola mi accorsi che era chiusa a chiave, quindi dovetti liberare anche il lato passeggero sperando di trovarlo aperto. Fortunatamente la mia curiosità non restò disattesa.
Con gioia aprii la portiera e, tra un colpo di tosse e l’altro, entrai tentando di alzare meno polvere possibile. Quella macchina così leggera, così spartana, così nuda mi sembrava non potesse essere vera. Aveva due leve sul canale centrale, tre piccoli interruttori al centro e l’unica cosa che ero riuscito a riconoscere: un posacenere nero. Dopo mezz’ora arrivò mia madre e osservandomi curiosare dentro l’auto si avvicinò. Mi spiegò a cosa servissero le due leve e gli interruttori: all’epoca risultò tutto troppo complesso per me che ero abituato al solo veder girare la chiave per sentire il rumore del motore; così, dopo aver inutilmente tentato di metterla in moto, sistemammo nuovamente il garage e ogni estate, almeno una volta, vi ci tornavo per sognarmi al volante di una macchina così piccola e particolare.
Ci sono molti cari racconti legati a quella 500. La sua storia nella mia famiglia risale alla fine degli anni ’60 quando il mio bisnonno, pastaio, riuscì a prendere la patente e dopo tanti sacrifici, con immensa gioia e fierezza, acquistò la prima auto: una 500 celeste.
Al momento del ritiro dal concessionario lo accompagnarono mia madre e la mia prozia. Mi è stato raccontato di un salone pieno di macchine incolonnate in ordine: lui indicò la fila sorridendo e mia madre e la mia prozia iniziarono ad indagare scorrendo la fila un’auto dopo l’altra e chiedendo continuamente “è questa?”. Nel loro immaginario di auto nuova si immaginavano una L. Andando avanti lungo la colonna arrivarono al fondo, verso le auto più vecchie e più procedevano lungo la fila più l’entusiasmo sul loro volto scemava, fino alla delusione quando capirono che era l’ultima della fila: una 500 così vecchia da avere ancora le porte che si aprivano a vento.
Il mio bisnonno prese la patente ma non guidò mai. Quella volta fu sua figlia, la mia prozia, a portare la macchina a casa. Qualche anno dopo mio nonno si ammalò e con un sorriso enorme regalò a mia madre, ormai diciottenne, i soldi per la patente e le chiavi della macchina.
Come per tantissima gente, possedere una 500 voleva dire libertà e fu così anche per mia madre. Infatti usava il Cinquino per andare all’università a Messina e quando usciva da lezione trovava sempre una sorpresa: mio nonno passava da quelle parti con le chiavi di scorta e le girava la vettura nella direzione corretta in modo che mia madre non dovesse fare inversione una volta conclusa la giornata.
Un altro episodio della 500 in questione avvenne un pomeriggio d’estate: quando mia madre decise di andare al mare con sua sorella, i suoi due vicini e tre amici. Tutti nella 500. Il problema non fu tanto quello di entrare nell’abitacolo ma che durante il tragitto vennero fermati da una pattuglia dei carabinieri che la rimproverarono. Fortunatamente tutto si risolse senza conseguenze.
Quando mia madre si spostò al nord, la 500 venne usata per qualche tempo da sua sorella ma nel giro di qualche anno finì abbandonata in garage fino ai primi anni 2000, quando venne portata da un conoscente in un’officina per lavorarci a tempo perso. Purtroppo il restauro non preservò l’originalità della vettura, infatti furono cambiati numerosi pezzi: devio luci, sedili anteriori, cerchioni, volante, fari e luci di posizione.
L’ultima assicurazione prima del mio ingresso indica come data di scadenza il 7 marzo 2004.
Il 21 novembre 2011 una grossa alluvione colpì la città di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), facendo straripare il mal tenuto torrente Longano e riversando detriti ovunque. In tutto il paese i danni furono enormi e la gente perse attività, case e soprattutto auto. Infatti appena passata la piena era facile imbattersi in elettrodomestici ed oggetti trasportati dalla furia dell’acqua che era entrata ovunque. Purtroppo il garage di mia nonna non scampò alla devastazione.
L’acqua era entrata sfondando il portellone d’acciaio. In pochi minuti il vecchio Garelli di mio padre ed il Ciao di mia zia finirono sotto la 500 alzandola da terra ma non abbastanza da impedire che acqua e fango la sommergessero. Purtroppo ci vollero diverse settimane prima che i volontari arrivassero ad estrarre il fango dal garage. Nell’alluvione il libretto andò perduto insieme ai dischi in vinile e a tanti altri oggetti lasciati nel box. Piena di fango, la 500 venne sciacquata ed abbandonata ancora una volta.
Molti anni dopo, nel gennaio 2017, contro il parere di mio padre, chiesi alla mia famiglia di poter mettere a posto la 500 a mie spese ed il 17 gennaio di quell’anno la vettura mi venne regalata da mia madre, dalla mia prozia e da mia zia, la quale mi donò come suo ultimo regalo anche un portachiavi in metallo a forma di 500.
Ovviamente dovetti chiedere il duplicato dei documenti, purtroppo andati perduti nell’alluvione ed essendo ancora intestata al mio bisnonno ci vollero mesi e diverse indagini al PRA. Nulla riuscì a fermarmi e quell’estate, con l’aiuto della mia famiglia, portai finalmente il Cinquino da un meccanico restauratore con il nuovo libretto con sopra il mio nome. Scoprì che era un 500 D del ’63.
Fortunatamente la carrozzeria risultò essere buona ma purtroppo tutta la parte meccanica, essendo stata alluvionata ed abbandonata per anni, era piena di fango.
Con pazienza dovetti seguire i lavori di restauro da Torino per via telefonica, procurandomi e spedendo i pezzi di ricambio originali che il meccanico non riusciva a trovare. In un anno il motore fu completamente smontato, ogni guaina cambiata, i pezzi rovinati sostituiti e tutto rimontato. Ammortizzatori, balestre, ruote, cerchioni, freni; tutto ciò che si poteva salvare venne salvato, il resto venne sostituito con ricambi originali.
Nel mentre tentavo di informarmi su internet per i pezzi di ricambio e scoprì di un raduno di 500 alla Reggia di Venaria. Così decisi di recarmici per poter chiedere consigli e ma soprattutto per vedere come sarebbe presentato il Cinquino alla fine del restauro. C’erano delle bellissime auto e all’improvviso vidi una 500D come la mia, mi avvicinai ed iniziai ad esaminarla e notare le differenze con gli altri modelli. In quella piazza si respirava un clima di cortesia e di passione, di vera allegria: era una festa!
Proprio lì feci la conoscenza del Fiat 500 Club Italia coordinamento di Torino nord e di persone molto cortesi tra cui Carlo, il proprietario della D che stavo ammirando. Con interesse mi trascinò alla scoperta di un mondo ancora più vasto, mostrandomi le varie differenze con i modelli, le primissime 500, le versioni speciali e l’ultima vettura uscita di produzione.
Intanto il restauro continuava ed il 19 maggio 2018 finalmente mi recai in Sicilia per mettermi al volante della mia bellissima 500. In compagnia di mio padre arrivai fino al mare, tempo di fermarci a fare qualche foto con la macchina nuova e alla partenza il filo dell’accensione si smollò. Senza grossi problemi la rimettemmo in moto a spinta e tornammo dal meccanico che la sistemò immediatamente.
Il 20 avevamo il biglietto per prendere la nave a Palermo e fu un divertentissimo ma preoccupante viaggio della speranza.
Io e mio padre partimmo la mattina presto e la vettura, avendo ancora il motore in rodaggio, non riusciva a fare più di 50km/h. In autostrada il volante risultò avere molto gioco, non ne capivamo il motivo ma ormai eravamo partiti quindi continuammo senza porci troppe domande. Così un chilometro per volta giungemmo nei pressi di Capo d’Orlando dove ad attenderci c’era un cugino. Con calma ci salutammo e arrivato il momento di ripartire la 500 non voleva mettersi in moto. Non solo il motorino d’accensione non dava vita ma anche tentando di metterla in moto a strappo non ci fu verso. Dopo aver tentato fino a mezzogiorno, il sole era ormai alto e faceva molto caldo. Quel nostro cugino partì per chiedere una mano a qualcuno e nel giro di una decina di minuti tornò con un meccanico. Alla fine le colpevoli furono le puntine platinate che non toccavano bene: le allargò e ripartimmo.
Una volta giunti a Palermo facemmo un rapido controllo a causa di uno strano odore di benzina proveniente dal vano posteriore; lo aprimmo e ci accorgemmo di una perdita di benzina sul motore. Con una pezza pulimmo e, a scanso d’equivoci, comprammo un estintore sperando di non prendere fuoco.
Passammo i tornelli del porto e ci incolonnammo per salire sulla nave. Rimasi sconvolto dalla quantità di persone che si fermavano ad ammirare e fotografare la 500 ancora col musetto ammaccato dalle due moto che gli erano volate addosso. Non era ancora pronta eppure la gente si fermava, mi faceva domande e io che non ero stato preso alla sprovvista non sapevo cosa rispondere.
La traversata andò bene nonostante la notte non fossi riuscito a chiudere occhio per paura di incendi nel garage auto ma, secondo programma, attraccammo a Genova all’1 di notte. La 500 era salva. Tempo di uscire dal porto, prendemmo l’autostrada ma tentando di inserire la quarta marcia il cambio cercava di inserire la retro. Procedemmo in terza per un bel po’ quando finalmente riuscimmo ad inserire la quarta e viaggiammo senza soste fino a Torino.
Nei giorni successivi portai la macchina da un meccanico e tentai di comprendere il motivo della perdita di benzina; in seguito la marcia ed il volante. Scoprì che avevamo fatto due giorni di viaggio con il carburatore regolato male ma soprattutto con la scatola sterzo rotta. Invece il problema del cambio: una staffa che durante il restauro degli anni 2000 era stata montata male disturbando l’inserimento delle marce risultò essere il problema minore. Con pazienza e molti soldi passai sia dal carrozziere che dal meccanico e ne approfittai anche per far sistemare la mascherina frontale.
Luglio era ormai alle porte e finalmente potevo uscire felice con la mia 500 celeste, perfettamente funzionante ed in regola con il codice stradale. Intanto avevo ricevuto una richiesta e a fine mese avrei dovuto prestare il Cinquino ad un amico per il suo matrimonio. Così una sera decisi di fargli fare un giro in modo da illustrargli il funzionamento della doppietta e la messa in moto. Sfortunatamente, appena uscito dal garage di casa, il Cinquino iniziò ad emettere del fumo bianco dal cofano anteriore. Di scatto spensi il quadro e ci lanciammo fuori dalle porte, aspettammo un po’ con l’estintore in mano ma, non vedendo accadere nulla, chiudemmo e ce ne andammo. Il giorno seguente tornai in garage con mio padre tentando di vedere cosa fosse successo. Scoprimmo che il meccanico restauratore aveva fatto montare il devio luci ad un elettrauto e che questi aveva lasciato le guaine termorestringenti precedenti l’alluvione e quindi molto deteriorate: si era innescato un cortocircuito e tutti i fili del devio luci si erano bruciati.
Questa volta, avendo la macchina sotto mano, comprai un nuovo devio luci e con mio padre facemmo tutti i collegamenti e mi godetti l’auto per un annetto senza alcun problema.
Poco tempo dopo, mentre stavo per far fare un giro ad alcuni amici, arrivato il momento della messa in moto, venni abbandonato dal motorino d’avviamento; riuscii a mettere in moto a spinta e riuscimmo a completare il giro ma, forte di tutte le precedenti esperienze, decisi di imparare a cavarmela da solo. Perciò smontai il motorino insieme a mio padre che, nonostante all’inizio non fosse d’accordo per l’acquisto dell’auto, non mi aveva mai fatto mancare il sostegno e andai in giro a cercare i pezzi di ricambio. Una volta seduto davanti al computer, lo revisionai nel giro di una mattinata.
Ultimamente è stata protagonista di un video musicale della band torinese de I RIBES sotto la produzione di BODEGA. Girato per le strade di Venaria Reale (TO) è possibile vederlo gratuitamente su YouTube al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=sHfWPhMu57M
È passato tanto tempo da quando entrai per la prima volta in quella macchina senza capire a cosa servissero le leve, invece ora mi diverto a mettere mano, almeno nelle cose più semplici. La 500 ne ha passate tante sia con i miei che con me. Un giorno sogno di portarla fino a Superga con la mia famiglia e prima o poi ci riuscirò: sono certo che il meglio debba ancora venire.
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